martedì 14 maggio 2013

Gli occhiali


Lo studio della vista era già praticato dagli antichi greci: sfere di vetro piene d’acqua servivano a ingrandire le immagini ed erano usate per curare alcuni disturbi oculari come la cataratta, su cui si interveniva chirurgicamente. Anche lo specchio concavo rimandava un’immagine ingrandita e rovesciata. Altri  congegni ottici del mondo antico di cui siamo a conoscenza, sono i famosi “specchi ustori” di Archimede coi quali lo scienziato siracusano incendiò le navi romane che assediavano la città. Seneca e Plinio fecero accenni a lenti sferiche come il famoso smeraldo con cui Nerone seguiva i combattimenti dei gladiatori. Ma solo nel Medioevo si intensificarono gli studi in materia e si arrivò alla scoperta delle lenti convesse; di particolare importanza furono le ricerche del matematico arabo Alhazen (996 - 1038) considerato oggi il fondatore dell’ottica. Tuttavia non si era ancora arrivati alla correzione dei difetti visivi,  col risultato che eruditi e amanuensi vedevano con gli anni svanire la loro vista.
Ma chi inventò gli occhiali? Probabilmente un italiano. Non ne conosciamo il nome perché per anni la loro fabbricazione fu vincolata dal segreto che, se svelato, causava una punizione severa. Sappiamo però che a Venezia, durante il Duecento, si producevano ed adoperavano lenti ed occhiali.  Nella città l’arte del vetro era molto evoluta e regolamentata da appositi capitolari; quello dei cristallieri cita lenti da vista, dette “roidi da ogli” e da ingrandimento, “lapis ad legendum”, e ne vieta esplicitamente la contraffazione.  La letteratura medievale non parla degli occhiali: un accenno a lenti ottiche fu fatto da Ruggero Bacone,filosofo, teologo, scienziato e alchimista inglese, detto il Doctor Mirabilis
La prima immagine comparve assai più tardi: l'ordine dei domenicani contemplava lo studio della teologia per meglio combattere le eresie sul piano della dottrina,
e furono proprio i frati a far affrescare nel convento di San Nicolò a Treviso quaranta predicatori seduti al loro scrittorio, intenti a leggere e a studiare. L’autore, Tommaso da Modena, che eseguì l’opera nel 1352, munì il cardinale Nicolò da Rouen di una lente da lettura, mentre Ugo da Provenza inforca gli occhiali: due lenti tonde molto approssimative appoggiate sul naso a cui erano strette da una sorta di compasso fermato da un perno; mancano le stanghette, che verranno inventate molto più tardi. Per molto tempo essi servirono solo a correggere la presbiopia, mente per risolvere il problema della miopia si dovette aspettare dopo la prima metà del XV secolo.  Gli occhiali si diffusero pur essendo un oggetto costoso e furono adottati perfino i francescani, che pur avevano ricevuto l’ordine dal loro fondatore di non dedicarsi alla scienza. In seguito anche Evangelisti, Padri della Chiesa, scrivani, mercanti insomma tutti gli uomini dotti o che dovevano far di conto, furono raffigurati con questo importante accessorio, che in viaggio era infilato in una custodia e appeso alla cintura.Occhiali erano usati anche nelle corti signorili: nel 1462 Francesco Sforza, duca di Milano, ne ordina a Firenze tre dozzine, “da novene, sia convenienti ad la vistecolo.a curta, zoè de vechy”, il che fa pensare all’epoca che si fosse già intuita l’importanza delle lenti correttive. Essi ebbero anche una Santa patrona, Ottilia (660-720) una badessa nata cieca che aveva recuperato miracolosamente la vista dopo il battesimo.
Anche i cinesi conoscevano lenti d’ingrandimento di cristallo di rocca o quarzo, il cui uso è documentato dal XII secolo.
In Europa gli studi sulla meccanica della vista avanzarono con molta lentezza, anche a causa di disquisizioni teologiche su quale dei cinque sensi fosse più importante degli altri. I pregiudizi sull'occhiale  si accesero durante la Riforma protestante, quando fu associato a concetti come follia, stoltezza o addirittura connivenza col demonio: così nelle incisioni tedesche monaci cattolici leggevano invano i loro manoscritti mentre le spesse lenti correttive diventavano il simbolo della loro cecità intellettuale. La cosa era peggiorata anche dalla mancanza di conoscenza reale sull'occhio, pur studiato anatomicamente da Leonardo. Sulle lenti si faceva anche una certa confusione: un oftalmologo tedesco, Alexander Bartish, dichiarava che: "un buon purgante che pulisca il corpo dagli umori superflui rischiarava di più. E' invece a Keplero (1671 - 1630) che dobbiamo l'intuizione dell'importanza della retina e l'invenzione delle lenti incurvate come il globo oculare.
Si doveva inoltre superare il problema della scomoda montatura, perché quella a compasso non era sufficiente a dare stabilità: la prima conquista fu l'invenzione della montatura a ponte che avrà un successo duraturo. Le prime forme di ancoraggio risalgono al '600: lacci di cuoio fissati alle lenti e passati dietro alla testa. Nel Settecento, con la moda delle imponenti parrucche, furono inventati buffi occhiali muniti di un'unica stanghetta centrale ad arco che attraversava il cranio.
Nel 1730 un ottico inglese, Edward Scarlett, inventò gli occhiali "templari", con due corte stanghette che non superavano le tempie; poco più tardi il sostegno si allungò passando dietro le orecchie. E' in questo secolo maniaco degli accessori, che finalmente gli occhiali abbandonano la forma severa per erudito, e diventano oggetti alla moda, indossati anche dalle signore che prima li rifiutavano. Con tipica grazia rococò, le montature in oro e argento si arricchirono di decorazioni a volute e smalti, a volte con pietre preziose; l'occhialetto, non proprio comodo, era retto a mano da una stanghetta laterale oppure aveva forma di forbice allacciata con una catenella.

Gli occhiali non servivano solo per leggere, ma anche per contemplare uno spettacolo, guardare furtivamente i propri vicini o comunicare: Giacomo Casanova racconta che una vivace monaca di Murano mandava segnali in codice al suo amante attraverso gli occhiali: se usava il manico d'oro significava "ti amo"; quello d'argento "mi sei indifferente", mentre quello in tartaruga segnalava che qualcuno sorvegliava i due innamorati. Nello stesso secolo Benjamin Franklin inventò le prime lenti bifocali.
Ai primi dell'Ottocento nacque il pince - nez, di fatto derivante dai primi occhiali medievali, ma costruito con materiali più leggeri e con il ponte che si stringeva sul naso. Il conte di Cavour li indossa in un notissimo ritratto di Francesco Hayez. I progressi della tecnica e l'impiego dell'acciaio, permisero di fabbricare oggetti sempre più leggeri, con o senza stanghette. 
Ciò nonostante si continuavano ad usare occhiali scomodi come il monocolo, detto da noi "caramella", il cui uso era tornato di moda con l'arrivo del  dandysmo: si incastrava in un occhio ed era sorretto da un cordino che si agganciava all'abito, e dava un'aria snob. Durante i primi decenni del Novecento fu sporadicamente usato anche dalle donne. Accanto alle forme semplici, verso cui correva l'industria, continuarono a inventarsi forme elaborate o bizzarre come occhialetti con un orologino inserito nel manico, o addirittura incastonati in un bastone da passeggio. Con lo sviluppo dei viaggi e soprattutto l'invenzione dell'automobile, si scoprì l'utilità degli occhiali come protezione dalla polvere: comparvero buffi copricapi muniti di occhialoni, con cui ci si bardava completando il tutto con un lungo spolverino. Verso la fine del secolo, l'invenzione della celluloide, della galalite e della bakelite, aprirono la porta all'uso di resine polimeriche malleabili con cui si potevano creare occhiali di ogni forma.
Durante la seconda Guerra mondiale furono inventati i famosi Ray - Ban, occhiali da sole e da vista per aviatori, con lenti a goccia  per proteggere l'incavo dell'occhio, fatte in vetro che filtrava i raggi ultravioletti. Inoltre, dagli anni Trenta il cinema Hollywoodiano contribuì a lanciare mode sempre più elaborate e curiose, anche se per molti anni era vivissimo il pregiudizio che gli occhiali contribuissero a imbruttire la donna. Famosissimi gli occhialoni scuri di Greta Garbo, che cominciò a indossarli quando si ritirò dalle scene nel 1941. 
Negli anni Cinquanta un disegnatore parigino, Pierre Marly, rivoluzionò la linea degli occhiali inventando forme umoristiche e fantasiose e utilizzando una vastissima gamma cromatica: nacquero così occhiali "a bicicletta" o formati da una coppia di cigni uniti col becco, oppure muniti di elementi orizzontali frangisole, forse scomodi ma ricchi di glamour. 


Marly diventò fornitore di dive internazionali come Audrey Hepburn e Sophia Loren, restando attivo per tutti gli anni Settanta. Attualmente un museo parigino raccoglie i suoi modelli assieme a moltissimi altri, compresi quelli di Marlene Dietrich ed Elton John, in una raccolta di circa 3000 esemplari.
Sulla sua scia nacquero alcune stranezze di scarso successo, come gli occhiali - cannocchiale o quelli muniti di piccoli tergicristalli. I pregiudizi nei riguardi di questo accessorio cominciavano però a cadere.
I pregiudizi nei riguardi di questo accessorio cominciavano però a cadere: nel 1953  nel film "Come sposare un milionario", Marilyn Monroe recita la parte di una ragazza "cieca come una talpa" che si rifiuta di usare gli occhiali sbattendo da tutte le parti, finché non si innamora di un uomo miope come lei. Gli anni Sessanta spazzarono via tutti tabù: il mondo giovanile stava affermando la libertà di portare capelli lunghi, abiti psichedelici, pantaloni per le ragazze, mentre band come i Beatrle o i Rolling Stones diventarono il modello da imitare. Nel 1962 ad esempio, la protagonista di "Lolita" di Stanley Kubrick, seduce il professor Humbert con un paio di occhiali rosa a forma di cuore. La sartoria tradizionale europea, spiazzata dalle nuove mode che venivano dalla strada, non seppe adeguarsi subito, mentre dall'Inghilterra Mary Quant  lanciava la minigonna, che sarebbe stata una divisa per le ragazze di mezzo mondo.
A Parigi André Courrèges inventò la moda spaziale e lanciò occhiali a fessura o muniti di enormi ciglia finte. Victor Vasarely fondò il movimento artistico dell' Op art, basandosi sulla contrapposizione di elementi geometrici bianchi e neri e sull'illusione ottica, influenzando la moda e naturalmente gli occhiali.  Dagli anni Ottanta molti giovani adottarono gli occhiali scuri, che avevano una valenza protettiva e isolante e sotto cui si celavano le emozioni, ma che rappresentavano anche il distacco da una società che veniva rifiutata in toto: così i Punk e soprattutto il movimento Dark, che guardava alla letteratura gotica, si vestirono completamente di nero, occhialetti a buon mercato compresi. In Italia, la figura dello iettatore vestito di nero, munito di ombrello e di pesanti occhiali scuri, magitralmente interpretata da Totò nel film "Cos' è la vita", diventò patrimonio di un'ormai superata tradizione del nostro meridione


Bibliografia:
A. Conforti, M. Schiaffino: Occhiali sul naso, Idea libri, Milano, 1990; Chiara Frugoni: Medioevo sul naso, Laterza, Bari, 2001; Rosita Levi Pisetzky: Storia del costume in Italia, Istituto editoriale italiano, Milano; Jean Claude Margolin, Paul Bièrent; Occhiali e occhilaini, Ulisse edizioni, Torino, 1989.
 








 

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