mercoledì 28 febbraio 2018

Pulizia e sporcizia: il corpo e l'acqua prima della Rivoluzione francese

Memmo di Filippuccio, il bagno degli amanti

I nostri antenati vissuti prima di Cristo avevano un debole per l'acqua, e bagni pubblici e privati erano ampiamente diffusi nell'area del Mediterraneo: dall'isola di Creta, i cui palazzi possedevano sofisticatissimi sistemi idraulici, alla Grecia, e naturalmente agli antichi romani per cui la pulizia era una virtù sociale. Nel periodo di massimo splendore dell'impero dodici acquedotti portavano in città 1350 litri al giorno di acqua pro capite, molto più di quella attuale, distribuita fra edifici termali, fontane, cisterne, bagni privati e latrine pubbliche; le terme decaddero solo con le invasioni barbariche quando i Goti – che si bagnavano al massimo nei fiumi - scollegarono gli acquedotti e decretarono la chiusura definitiva degli stabilimenti.
San Simeone stilita
Il Cristianesimo promosse la santità della sporcizia: se da un lato il corpo era il tempio di Dio, dall'altro era guardato con sospetto perché fonte di tentazioni erotiche; San Girolamo ad esempio riteneva che gli inevitabili toccamenti del bagno potessero accendere il desiderio sessuale e finì per proibirlo alle vergini. Dal IV al V secolo, il corpo non lavato diventò un segno distintivo di perfezione spirituale: Sant’Agnese – martirizzata sotto Diocleziano - dopo il battesimo non volle toccare più acqua, mentre l'anacoreta siriano San Simeone resistette per 37 anni in cima a un pilastro senza né scendere né pulirsi. L'odor di santità che noi colleghiamo con meravigliosi effluvi floreali, all'epoca era il terribile fetore di un uomo che in tutta la vita non aveva mai pulito né sé stesso né la propria veste. I meno rigorosi però – ricordando che Cristo aveva lavato i piedi agli Apostoli – arrivarono ad ammettere che era impossibile imporre a tutti queste scelte radicali e che per un cristiano l'igiene poteva anche essere un conforto e una fonte di salute. Tra questi c'era San Gregorio Magno che nel VI secolo manifestò una certa tolleranza verso le norme sanitarie, proibendo qualsiasi abluzione dettata da “lussuria e voluttà”ma permettendole solo in caso di bisogno “poiché nessuno odia la carne ma la nutre e la cura”. L'incerto placet della Chiesa cattolica fece sì che l'angolo più pulito dell'Europa medievale fosse la Spagna occupata dagli Arabi che consideravano l'igiene personale un requisito fondamentale: a loro si deve l'invenzione degli hammam, bagni pubblici molto più piccoli delle terme romane ma muniti di vasche e locali per sudare.
Bagno arabo a Girona, in Spagna
Nel resto dell'Occidente la pulizia stentava ad affermarsi: ci si lavava soprattutto le mani a tavola, cosa raccomandata dai manuali di buone maniere, per l'ovvio motivo che non essendo diffuse ancora le forchette, si acciuffava il cibo con le dita e si riteneva cafone pulirsi l'unto con le maniche o con la tovaglia. A reintrodurre il bagno pensarono i Crociati al ritorno dalla Terra Santa, che portarono anche con sé usanze arabe come i saponi profumati ottenuti con soli grassi vegetali come l’olio d’oliva e d’alloro. Dopo il XII secolo I bagni medievali – detti stufe - sorsero spesso vicino a sorgenti termali calde, ma anche nelle città non mancarono locali che contenevano parecchie tinozze dove potevano sedersi anche sei persone per volta; se non si reputava disdicevole farsi il bagno nell'acqua dove era passato uno sconosciuto, per quanto riguarda gli amanti poteva addirittura capitare che il cavaliere bevesse il liquido dove si era lavata la sua dama, considerandolo un sublime privilegio.
Una stufa medievale
L'accesso alle stufe era consentito a tutti, in un'allegra mescolanza di sesso e di età. Il problema sorse quando i bagni pubblici cominciarono ad essere frequentati da prostitute, e luoghi che un tempo erano dedicati all'igiene si trasformarono in schiamazzanti bordelli provocando le proteste dei cittadini.
La promiscuità causò inevitabilmente la diffusione di varie patologie e finì così che tra il XIV e il XV secolo le autorità (benedette dal clero che sentiva in quei luoghi puzza di zolfo) iniziarono a imporre la chiusura degli stabilimenti.
Ciononostante le malattie continuarono a propagarsi, in parte a causa della sporcizia delle città dove non esistevano scarichi fognari e gli animali defecavano in libertà nelle strade, in parte a causa di guerre e viaggi in cui mezzi di trasporto angusti (come ad esempio le navi) impedivano agli occupanti di lavarsi e li costringevano a convivere con ratti e parassiti.
Le epidemie falcidiarono a più riprese la popolazione nel corso del XIV secolo, in particolare quella di peste nera che uccise nell'arco di quattro anni tra i venti e i venticinque milioni di persone, un terzo della popolazione europea. La facoltà di medicina dell'Università di Parigi cercò di indagare sulle cause del morbo: dopo aver individuato la funesta congiunzione di Saturno, Giove Marte, i professori giunsero alla conclusione che la causa di tutto erano i bagni caldi che aprendo i pori lasciavano penetrare nel corpo il “vapore pestifero”, una sorta di invisibile miasmo che secondo le credenze del tempo circolava nell'aria. Il colpo di grazia fu dato dalla comparsa della sifilide alla fine del XV secolo istigando l'idea che l'acqua “nuocesse alla vista, generasse mal di denti e catarro” e rendesse la pelle più sensibile agli elementi e al clima. Se questa bizzarra teoria fu il il requiem delle terme pubbliche, le stanze da bagno diventarono una soluzione raffinata e confortevole solo per alcuni ricchi stravaganti e privilegiati come papa Clemente VII de' Medici, che volle uno stanzino da bagno con vasca munita di acqua calda e fredda in Castel Sant'Angelo. Leonardo da Vinci – precursore in tutto, anche nell'igiene – progettò invece una città ideale con la rete fognaria sotterranea collegata a corsi d'acqua.
La stufetta di Clemente VII
Alla fine del Cinquecento la Spagna si allineò con la sporcizia del resto d'Europa; Isabella di Castiglia cacciò i mori, mentre quelli rimasti furono costretti a convertirsi al cristianesimo. La loro buona fede doveva essere provata anche dall'abbandono di ogni pratica igienica, pena l'essere spediti davanti all'Inquisizione. La regina, che fece voto di usare la stessa camicia fino alla fine della guerra nei Paesi Bassi (durata altri tre anni) diventò un'eroina nazionale dando anche il suo nome (color Isabella) all'inevitabile nuance marrone della sua biancheria. Anche nel resto d'Europa il corpo incrostato di sudiciume fu un obiettivo da perseguire. Lavarsi significava semplicemente farsi versare liquido sulle mani, le stesse con con cui si mangiava e ci si soffiava il naso, anche perché la forchetta continuava a non essere d'uso comune. Il must era la pulizia a secco: testa e capelli erano frizionati solo con crusca e cipria per assorbire il grasso, mentre il viso era strofinato con un panno asciutto. Il resto del corpo era ignorato anche perché nascosto dai vestiti, mentre solo le prostitute si lavavano le parti intime. I denti subivano lo stesso destino, le carie erano frequentissime, l'alito pestilenziale, e se il male era insostenibile si pregava Sant'Apollonia o si finiva per ricorrere al cavadenti, professione esercitata anche dai barbieri e soprattutto senza anestesia.
George de La Tour, donna che si spulcia
Il fetore insopportabile era nascosto da un mix di profumi molto pesanti come ambra, muschio, zibetto e intense misture aromatiche, mentre l'acqua – come nella Versailles di Luigi XIV – aveva l'unico scopo di decorare con imponenti getti i giardini reali. Il trionfo della sozzeria fece sì che una popolazione galoppante di pidocchi e parassiti prendesse possesso del corpo umano. Essendo impossibili da eliminare senza adeguate cure si ricorreva allo spidocchiamento vicendevole come gesto di amicizia e amore, ed esistevano donne che lo facevano per professione. Malattie della pelle come la scabbia o le infezioni fungine erano molto comuni e non si trovava miglior rimedio che tentare di sopprimerle modificando l'equilibrio degli umori - che fin dai tempi di Ippocrate si pensava presiedessero alla salute - ad esempio consigliando di astenersi da alcuni cibi e bevande come la carne rossa. L'ignoranza totale di qualsiasi norma igienica portò addirittura a credere che i parassiti nascessero dalla decomposizione delle secrezioni corporee che potevano essere assorbite solo dal tessuto di lino della camicia, che era lunga, larga e arricciata. Il cambio di biancheria si intensificò nel XVII secolo quando si arrivò a una frequenza settimanale, raramente giornaliera, con ovvio riferimento alle classi alte.
Bagno di Maria Carolina alla Reggia di Caserta
Le cose cominciarono a modificarsi solo con l'Illuminismo settecentesco, uno dei cui temi principali fu l'esaltazione della bontà della natura (finalmente non corrotta da malefici “vapori”) e l'aspirazione a ricondurre l'uomo alle sue originarie condizioni. L'affermazione del metodo sperimentale e lo sviluppo delle conoscenze in campo chimico permisero le prime indagini sulla composizione delle acque fino al riconoscimento dei benefici del bagno termale. Come conseguenza, dopo la metà del XVIII secolo fu sviluppata più attenzione nei riguardi della pulizia, al punto che il locale da bagno diventò una nuova presenza nelle abitazioni signorili: le nuove stanze erano calde, lussuose e raffinate ed erano luogo in cui – oltre alla pulizia – ci si ristorava e si intrattenevano conversazioni con gli amici. Senza osare troppo sembrò una cosa ragionevole fare un bagno un paio di volte all'anno, in primavera e in estate, non volendo imitare le stranezze di Maria Antonietta di Francia che entrava nella vasca tutti i giorni. Ma la più strabiliante invenzione del secolo fu il bidè, comparso attorno al 1720 come oggetto di lusso. 
Louis Leopold Boilly, La toeletta intima
Non sappiamo chi ebbe l'idea ma la società elegante impazzì per questo pregevole mobile portatile in legno pregiato con vaschetta in ceramica o stagno. Alcuni bidè sono entrati nella storia, come quello della Pompadour che aveva flaconi di cristallo incorporati o quello in argento che Casanova regalò a una giovane amante. Assieme al bagno caldo nacque la passione per quello freddo dapprima nei fiumi e poi nel mare, anche questo supportato dalla curiosa convinzione – tipica delle classi borghesi in vista della Rivoluzione francese - che il calore fosse sinonimo del rilassamento dei costumi aristocratici. Intanto la ventata illuminista stava aprendo le menti all'igiene sociale e del lavoro: ricerche demografiche mostrarono lo stato miserevole in cui si trovava la classe popolare, si crearono servizi di polizia sanitaria e legislazioni più attente alla salute collettiva. Alla fine del secolo era ormai in atto lo sviluppo verso il miglioramento fisico dell’uomo e quello ambientale delle città e delle abitazioni, che avrebbe visto un notevolissimo incremento nell’Ottocento.


Fonti:
Lawrence Wright, Civiltà in bagno, Garzanti; Alain Corbin, Storia sociale degli odori, Bruno Mondadori; Georges Vigarello, Lo sporco e il pulito. L’igiene del corpo dal Medio Evo ad oggi, Marsilio; Katherine Ashenburg, Storia della pulizia e della sporcizia del corpo, Odoya