giovedì 26 luglio 2012

La moda femminile del Settecento tra gusto francese ed inglese

Durante il periodo Barocco lo stile europeo era stato dominato dalla Luigi XIV e dalla corte di Francia. Nel secolo successivo, dopo la morte del re Sole e l’avvento al trono di Luigi XV, cominciò la decadenza dell’istituzione monarchica  assieme all’emergere delle classi sociali medio borghesi; si trovarono così a confronto – un confronto che esploderà in modo drammatico durante la Rivoluzione – due modi di vivere e di pensare totalmente opposti: quello dell’aristocrazia parassitaria che non lavorava e viveva di rendita spremendo letteralmente le risorse del paese, e quello della borghesia industriosa e attenta al guadagno e al risparmio. Due punti di vista che influenzeranno radicalmente i mutamenti della moda determinando, attorno al 1780 il cambiamento del gusto. Contemporaneamente l’Illuminismo rappresentò la prima presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica, di un’Europa più libera, eguale e moderna, costituendo la premessa ai radicali rivolgimenti di fine secolo.
Nei primi ottant’anni del Settecento a figura del re perse moltissimo del suo significato originale assolutistico e quasi divino, ma l’apparato alla corte di Francia sussisteva intatto: la morale pubblica si orientò verso il gusto del piacere privato e personale, ricercando gioco, divertimento e seduzione. Siamo nel periodo denominato “Rococò”, termine che deriva dal
francese “rocaille” e che stava ad indicare un tipo di decorazione con pietruzze e conchiglie che abbelliva i padiglioni e le grotte dei giardini. Aggraziato, elegante, gioioso, stemperato in chiari colori pastello , riccamente decorato a motivi piccoli di gusto prevalentemente floreale, il rococò si opponeva alla pesantezza del barocco e ben rappresentava la vita superficiale e libera da preoccupazioni dell’aristocrazia.
Due donne in particolare influenzarono il costume europeo in questo periodo: madame de Pompadour, favorita di Luigi XV, e Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, ultimo della dinastia dei Capetingi, ghigliottinato assieme alla regina durante la rivoluzione Francese. Quest’ultima in particolare, con le sue frivolezze e il lusso eccessivo e bizzarro, diventò arbitra della moda fino alla comparsa del più moderato e severo gusto inglese.
L’abbigliamento femminile rococò, con la sua linea ampia e morbida,  potrebbe racchiudersi in un ovale: niente linee rigide o spezzate, ma spalle arrotondate, gonne fluenti e vesti cariche di pizzi, di paillettes, di nastri, di fiori finti,  da cui uscivano la testa piccola e aggraziata e le braccia candide. Una buona dose di maliziosa civetteria caratterizzava questa moda, che mostrava generosamente il seno e gli avambracci e, attorno al 1770, anche la caviglia. Dopo un periodo di transizione all’inizio del secolo, esplose “la robe a la française” , detta anche “Andrienne” , veste di origine teatrale indossata per la prima volta dall’attrice Doncourt nella commedia “Andria”: era caratterizzata sul davanti da un bustino stretto,  scollato e che spingeva il seno in alto, chiuso dalla “pièce d’estomac” - un davantino triangolare molto decorato - da un’ampia gonna a cupola che si apriva davanti mostrando il “sottanino”, mentre sulla schiena si allargava in uno strascico che partiva dalle spalle con pieghe a cannone cucite e poi sciolte. Le maniche si allargavano a pagoda fino al gomito, da cui uscivano cascate di pizzo dette “engageantes”. La gonna era sorretta dal “panier” una struttura ovale molto schiacciata, costituita da nastri e stecche di balena e talmente larga da impacciare i movimenti nel sedersi e nel passare le porte.  
L’Andrienne fu criticata e derisa per l’eccessivo spreco di stoffa e per la lunga coda che ovviamente raccoglieva lo sporco, resistendo peraltro imperterrita fino al 1770. Ne fa fede la poesia satirica dell’abate veneziano Baruffaldi: “Andrienne andò al ridotto/Andrienne al corso e al lotto/ Andrienne in Gabinetto/Andrienne a mensa e al letto/viaggi e visite/teatri e maschere/e cocchi e gondole/balli e accademie/faran largo alla gran moda/ e alla vasta, immensa coda”.
Nell’ultimo trentennio del Settecento la linea del costume femminile, da piatta e ovale si trasformò in rotondeggiante: una nuova veste alla moda, la “Polonaise” costituì un diversivo al classico abbinamento: busto stretto, gonna e sottanino. Sembra che il nome derivi da quello di Maria Leszczynska, figlia del re di Polonia e regina di Francia. La Polonaise era caratterizzata dalla seconda gonna che si rigonfiava grazie a tiranti nascosti formando un grazioso panneggio sui fianchi e sulle reni mentre il tutto era sostenuto da cuscinetti nascosti.
In questa sintetica descrizione del costume femminile rococò non si può evitare di parlare delle acconciature e della cipria, vero segno distintivo della moda settecentesca: costituita da farina di riso, amido, polvere di giaggiolo nei casi migliori, o di osso bruciato fino a candirlo in quelli peggiori, veniva sparsa abbondantemente sulle teste aristocratiche di ambo i sessi e fu una vera e propria mania fino alla rivoluzione francese, quando una testa bianca poteva costituire un segnale di appartenenza all’odiata nobiltà con conseguente rischio di decapitazione. I capelli così imbiancati erano raccolti in modo semplice fino alla metà del settecento, quando l’acconciatura cominciò a rialzarsi di una decina di centimetri.
Dopo il 1770 Maria Antonietta lanciò il “tuppé”, una pettinatura esageratamente alta inventata dal suo parrucchiere Léonard; un castelletto metallico sorreggeva capelli e decorazioni che si complicarono con bizzarre combinazioni dai nomi strampalati: “a la belle poule” (dal nome della fregata francese che nel 1778 vinse una celebre battaglia nella guerra d’Indipendenza americana)  con una nave dalle vele spiegate sulla sommità del capo, “a la Montgolfier”, “a la monte du ciel”, di altezza vertiginosa, “a sentiment” con usignoli imbalsamati, e via dicendo.
Dopo il 1770 il gusto inglese invase l’Europa. La moda è collegata inevitabilmente a eventi storici, politici, culturali ed economici e l’influenza inglese si può spiegare con la grande floridezza raggiunta dalla Gran Bretagna, sia in campo commerciale, con l’apertura di basi coloniali sparse in tutto il mondo, sia in campo industriale. Dopo la metà del secolo infatti in Inghilterra l’industria diventò per la nobiltà la forma preferita d’investimento, sostituendo così il reddito ricavato dalla proprietà terriera, grazie anche al fatto che l’aristocratico britannico – a differenza di quello francese - considerava  imperativi sacri il guadagno e il lavoro. L’industria inglese era organizzata secondo rigorosi criteri di razionalità che prevedevano l’introduzione di macchine automatiche che moltiplicarono immensamente le produzione beneficiando la tessitura, la meccanica e la metallurgia.

Ad una simile mentalità  corrispondeva inevitabilmente una filosofia di vita e di gusto che prediligeva la sobrietà e la solidità, partendo dai lineari edifici neoclassici ispirati alla Grecia antica piuttosto che alla complessa teatralità barocca. Lo stile, che esplose in tutta Europa anche grazie all’entusiasmante scoperta di Pompei ed Ercolano, terminerà il XVIII secolo e aprirà il XIX con la massima semplificazione del vestiario che si rifaceva alle semplici geometrie greco-romane. In quanto al costume, specie quello maschile, l’Inghilterra giunse quasi di necessità a un vestire che doveva adattarsi ad una vita fatta di traffici, impegni e viaggi frequenti, mentre la placida vita delle famiglie nelle tenute di campagna richiedeva abiti poco ingombranti e adatti agli sport equestri e alla caccia. La “Mode a l’Anglaise” penetrò dapprima in Francia e poi – tramite Parigi – nel resto d’Europa, ad eccezione delle vesti di corte che rimasero comunque molto cariche. Tipica era la “robe en chemise”  una veste lunga e solitamente candida, con maniche al polso, gonna arricciata e scollatura arrotondata, senza altre decorazioni se non la grande fascia che stringeva la vita. Gli ornamenti, quando c’erano,  erano molto sobri e prevedevano tessuti stampati a minuscoli fiori e righe sottili. Un grande fazzolettone bianco, detto “fisciù”, copriva la gola; lanciato da Maria Antonietta, che amava vestirsi da pastorella giocando a mungere le capre nel villaggio rustico che si era fatta costruire a Versailles, il fisciù derivava appunto dallo scialletto con cui le popolane si cingevano il collo e le spalle sopra il bustino.
Sempre nata nell'ambito della moda inglese, la "redingote" era una sopravveste entrata dapprima nell'uso maschile e derivata dalla "riding coat", la giacca da equitazione aperta dietro per comodità che aveva sostituito l'abit a la française molto meno pratico. 
Altro elemento di impronta britannica fu la diffusione del cappello da donna che in Europa soppiantò l'uso della cuffia, e che in Gran Bretagna era diffuso presso tutte le classi sociali. I figurini di moda illustrano pittoreschi esempi dei monumentali copricapi femminili che ricoprivano teste dove l'acconciatura era diventata necessariamente molto meno ingombrante.
Le spettacolari costruzioni a falda larga francesi erano cariche di nastri, decoraziuoni, coccarde, spesso con ingenue connotazioni patriottiche, ma erano invise in Italia perchè il cappello da donna era considerato un'insopportabile usurpazione dei privilegi maschili e in taluni casi, come a Venezia, proibito dalle Leggi suntuarie almeno per le funzioni religiose.
Bibliografia:
Rosita Levi Pizetsky: Storia del costume in Italia, volume IV, Istituto editoriale italiano, Milano, 1967
Stella Blum: Eighteenth century. French fashion plates in full color, Dover publications inc., New York, 1982
http://www.metmuseum.org/collections/search-the-collections?ft=robe+a+la+fran%c3%a7aise