martedì 11 giugno 2013

Conquistatori e conquistati: le guerre e la moda

"Grecia capta ferum victorem cepit",  "La Grecia conquistata conquistò il feroce vincitore": l'allocuzione delle Epistole di Orazio può ben designare i rapporti che esistono tra le guerre di conquista e gli scambi culturali. Continua infatti il poeta: "E le arti portò nel Lazio agreste". Dal 146 a.C. anno della conquista romana della Grecia, iniziò un flusso inarrestabile di opere d'arte, che affascinarono Roma fino al punto che possederne una collezione si trasformò in  una vera e propria malattia. Il gusto greco influenzò il severo gusto latino e cambiò radicalmente usanze e costumi: mentre molte professioni come precettori, fornai, barbieri furono esercitate da greci, gli abiti, specie quelli femminili, si adeguarono al gusto ellenistico e diventarono più leggeri, drappeggiati e sbuffanti, ad imitazione del chitone. Né quella della Grecia fu l'unica guerra di conquista che determinò una mutazione radicale della moda: dai Galli i romani presero le braghe, mentre dai Persiani mutuarono le maniche e le coloratissime sete, particolarmente invise presso i più conservatori, perché espressione di effeminata eleganza contraria al rude spirito della Roma arcaica. 
Durante tutto il Medioevo, il costume militare influenzò quello civile: nel guardaroba maschile e in parte anche in quello femminile, si affermarono giubbetti imbottiti e cotte, ossia abiti coloratissimi privi di maniche, che in battaglia venivano indossati sopra la maglia di ferro. 
La guerra è sempre stata veicolo di informazioni trasmesse da popoli ad altri popoli, con la conseguente imitazione di usi e costumi della potenza dominata o dominante, e la sparizione o quanto meno l'attenuazione di tradizioni secolari e identità nazionali. Facendo un salto di diversi secoli rispetto ai tempi dei latini, la conquista dell'Italia da parte di Carlo V d'Asburgo, determinò una vera e propria colonizzazione culturale del paese. Nel 1521 Carlo occupò Milano, nel 1525 sconfisse l'alleanza dei Francesi, della Serenissima, di Genova, di Firenze e dello Stato pontificio; nel 1527 fece saccheggiare Roma dai lanzichenecchi. Erano costoro soldati mercenari, addobbati con vesti coloratissime tagliate a strisce: la curiosa moda, che rovinava metri e metri di tessuto, passò al vestito civile sia maschile che femminile. La corte dell'imperatore invece, aveva adottato per l'uomo il nero totale, interrotto solo dalla gorgiera e dai polsini  bianchi. 
L'austerità spagnola, si manifestò anche nell'irrigidimento ieratico delle forme, delle gonne a campana tese sul verdugale, nei busti appuntiti sul davanti, nei colli a gorgiera che isolavano la testa come se fosse appoggiata su un grande piatto. Queste mode passarono in Lombardia e da lì nel resto d'Italia, con eccezione forse della Repubblica di Venezia. 
Dal 1618 al 1648, l'Europa fu dilaniata dalla Guerra dei trent'anni, che si risolse col rafforzamento della Francia e il predominio della Svezia sulle nazioni del mar Baltico. Il lunghissimo conflitto ebbe effetti anche sulla moda: il costume militare influenzò quello civile con fogge che a volte cadevano nel ridicolo: in Italia, dove non si era combattuta alcuna guerra, si videro per strada gentiluomini che si vestivano come soldati e bravacci, e ne assumevano le pose spavalde. Giustacuori attraversati da una larga fusciacca, spadoni che penzolavano dal fianco tintinnando ad ogni passo, e grandi stivali di cuoio pesante col tacco. 
Dopo la metà del secolo la Francia diventò la potenza più importante d'Europa trasformando Parigi nella capitale dello stile internazionale. La corte del re Sole dettò legge in fatto di moda. Ogni evento, anche bellico, si trasformò in occasione per sfoggiare capi d'abbigliamento che nulla avevano a che fare con esso, se non alla lontana: nel 1692 durante la battaglia di Steinkerque, gli ufficiali francesi convocati in gran fretta, non ebbero tempo di annodare le loro cravatte a fiocco, ma ne infilarono le estremità dentro l'asola della giacca. La vittoria del maresciallo di Luxemburg sul principe d'Orange, fu commemorata a corte con questo nuovo modo di indossare la lunga sciarpa di batista bianca, che passò poi al resto d'Europa. In Italia, la cravatta fu chiamata col nome storpiato di "Stiricherche".
Nel XVIII secolo altre guerre influenzarono il costume aristocratico: alla corte di Francia le gentildonne indossarono "vesti alla Turca" che di turco avevano solo il nome, che richiamavano appunto la guerra tra Turchia e Russia. Il matrimonio della principessa polacca Maria Leszczynska con Luigi XV, e la guerra di secessione polacca, determinarono la moda della "Polonaise", in Italia "veste alla polacca", un abito rialzato sul dietro con cordoni nascosti e che mostrava la gonna sottostante.
Il predominio della Francia sulla moda continuò anche nell'Ottocento. Le signore della borghesia italiana, mentre il paese era impegnato nelle guerre risorgimentali, copiavano i figurini parigini che venivano proposti nei giornali illustrati. Unico tra le altre testate, il Corriere delle dame, pubblicato con enorme successo a Milano a partire dal 1804, adottò coraggiosamente un'impronta patriottica che non era eguagliata da nessuna rivista femminile, e oltre ai figurini di moda, inserì anche brevi resoconti degli avvenimenti politici. La crescente insofferenza verso il dominio austriaco, causò l'introduzione di piccole simbologie liberali applicate al costume, come il "cappello alla calabrese" , il "cappello all'italiana" o il "cappello alla puritana" ispirato all'Ernani, opera di Verdi di chiaro significato liberale. La polizia austriaca cercò con scarso successo di reprimere il fenomeno: un decreto del barone Torresani Lanzelfeld, comminava l'arresto immediato per tutti coloro che avessero indossato gli accessori incriminati.  Dopo alcuni tentativi di lanciare un "costume italiano" per ambo i sessi, a partire dal 1847, e sull'onda dell'effimera cacciata degli Austriaci dal Lombardo-Veneto, si dichiarò l'ostracismo alle stoffe germaniche in favore del velluto prodotto  dei telai di Genova e Vaprio, di solida tradizione rinascimentale . Nell'aprile del 1848, il Corriere delle dame pubblica una tavola che illustra l'"abbigliamento patriottico con sciarpa tricolore", dotato di un giacchino verde con profilature bianche e rosse, ed una sciarpa in vita del colore della bandiera. 
Il XX secolo è stato attraversato dalle guerre più sanguinose della storia dell'umanità. Gli effetti immediati sulla moda sono stati il razionamento di materiali come lana e cuoio, che venivano utilizzati per fabbricare le divise dei soldati al fronte.  I Futuristi erano favorevoli alla guerra "sola igiene del mondo" e nel 1914 Giacomo Balla pubblicò perfino un manifesto dell'Abito futurista antineutrale: "aggressivo, semplice e comodo, igienico,  gioioso, illuminante, volitivo, asimmetrico, di breve durata, variabile". Nel 1919 Thayath, che faceva parte del gruppo, inventò la tuta, un abito da uomo da indossare tutti i giorni e a un solo pezzo, munito di tasche e cintura. La tuta non riscosse un grande successo, e dovranno arrivare gli anni Settanta per vederla indossata dai giovani; tuttavia fu adottata con favore in campo militare, e fu realizzata in tecnobile e materiali sintetici. 
La seconda Guerra mondiale, dette un notevole impulso alla produzione di abiti e accessori militari che sarebbero poi passati ai civili. La britannica Royal Navy introdusse nelle dotazioni dei marinai il Montgomery, un  cappotto di buon panno pesante a mezza coscia, dotato di cappuccio e alamari, chiamato così perchè era regolarmente indossato dal generale Bernard Law Montgomery. Nello stesso periodo, anche il generale Dwight David "Ike" Eisenhower, dette il suo particolare contributo al costume civile con un comodo giubbetto in panno che terminava in vita con una fascia.
Tuttavia, il più famoso elemento innovativo introdotto nelle operazioni belliche, furono i Ray-ban, gli occhiali nati nel 1920 su impulso del luogotenente John Arthur Mac Cready, il quale voleva proteggersi gli occhi dopo una traversata dell'Atlantico in pallone aereostatico, che gli aveva causato molti problemi. La ditta Bausch & Lomb, fu incaricata di inventare un modello altamente protettivo, panoramico ed elegante: nacque così l'occhiale a goccia, che copriva interamente l'incavo dell'occhio, e che fu depositato nel 1937 dopo anni di sperimentazioni. Il prototipo fu inizialmente chiamato "Ray-ban anti-glare", ossia antiriflesso. Era dotato di una montatura leggerissima, in lega placcata in oro e plastica trasparente, e due lenti di vetro minerale. Adottato dall'United states air force, l'occhiale venne poi ribattezzato "ray-ban aviator". In seguito arrivarono alcune modifiche: il ponte parasole e un cerchietto al centro delle lenti che veniva usato come porta sigaretta, mentre negli anni Quaranta fu anche brevettata la "gradient mirror lens", una lente sfumata che abbinava la protezione dalla luce e con una maggiore messa a fuoco degli oggetti.
Dopo la seconda guerra mondiale, grazie alla partecipazione dell'America alle operazioni belliche, irruppero in Europa le novità statunitensi, dirette principalmente ai giovani: i teen - agers  frequentavano posti di ritrovo come sale da ballo e coffee bar, dove si radunavano attorno al juke box, ballando il rock'n roll, che richiedeva abiti sciolti e facili da portare come blue jeans, maglioni, sneakers, ossia scarpe da ginnastica, e giubbotti, tra cui il chiodo in pelle usato dai motociclisti,  e successivamente il bomber. Proprio quest'ultimo capo, proveniente dalle divise militari, invase il mercato, perchè disponibile a poco prezzo sulle bancarelle dell'usato. Il bomber è un giubbotto impermeabile, evoluzione della giacca a vento dei piloti dei Royal Flying Corps; adoperato già durante la prima guerra mondiale per riscaldarsi nell'abitacolo aperto. Diventò di moda soprattutto durante gli anni Settanta e Ottanta, entrando a far parte dell'abbigliamento delle subculture giovanili. E' corto alla vita, piuttosto largo e con maniche abbondanti fermate al polso da un elastico, dotato di cerniera lampo e spesso di colore verde. 
Gli anni della contestazione videro un vero boom dell'abbigliamento militaresco per ragazzi e ragazze, che non esitarono ad indossare indumenti fino ad allora considerati esclusivamente maschili.  Inventato negli anni Dieci, il "Bulldog boots" era uno scarpone anfibio pesante con suola molto spessa e chiodata,  chiuso con dieci buchi per i lacci. In seguito fu ripreso da un medico tedesco, Klaus Maertens, che si era rotto un piede mentre sciava e desiderava calzature adeguate alla guarigione. Prodotti col marchio "Dr. Martens", gli anfibi avevano la suola ammortizzata con un ciuscinetto d'aria. 
Portati inizialmente dalle casalinghe tedesche per la loro comodità, si diffusero a tal punto che fu necessario vendere la licenza al mercato internazionale. Negli anni Cinquanta, la guerra di Corea contribuì alla loro diffusione con alcune varianti: la suola arrotondata, la fettuccia posteriore,  il motto "With Bouncing soles", a volte il color rosso ciliegia. Negli anni Sessanta i  Dr. Martens diventarono una componente fondamentale dell'abbigliamento dei gruppi giovanili, che indossandoli rivendicavano  la loro appartenenza al proletariato. Furono adottati dai mod prima, dagli Skinhead poi, che sceglievano modelli molto alti, con la punta rinforzata in acciaio, a volte perfino di misure più grandi del piede; cominciando a gettare una pubblicità negativa sull'impresa produttrice, specie dopo che era apparso un manifesto con un'anziana signora  sulla cui faccia era sovraimpressa la suola di uno stivale. Negli anni Novanta  i Dr. Martens furono indossati anche dai gruppi musicali "grunge", mentre i modelli finirono poi per diversificarsi a seconda dell'appartenenza politica

Bibliografia: 
Rosita levi Pizetsky: Storia del costume in Italia, volumi IV e V, Istituto editoriale italiano, Milano, 1966

Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Bomber
http://it.wikipedia.org/wiki/Ray-Ban

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