Elsa Schiaparelli fu una delle più famose sarte italiane degli anni Trenta. Nata in Piemonte nel 1893, con una famiglia importante e aristocratica alle spalle (Giovanni Schiaparelli era stato un famosissimo astronomo, Ernesto Schiaparelli fondò il museo egizio di Torino) Elsa preferì trasferirsi a Parigi dove, dopo aver visitato l'atelier di Paul Poiret, ebbe un vero e proprio colpo di fulmine per la moda. Secondo quanto lei stessa scrisse nella sua autobiografia, Poiret le mostrò alcune delle sue creazioni, che lei giudicò troppo care. Poiret le rispose "Non vi preoccupate dei soldi. E poi potrete come e quando vorrete...".Cominciò la sua carriera con gli abiti a maglia eseguiti una profuga armena. Il suo primo atelier era l’ appartamento dove abitava in rue de Seine. Si impose all’attenzione del pubblico con un golf realizzato con due fili di lana, più consistente della maglieria tradizionale: il modello aveva un grande nodo a farfalla di colore diverso dal resto della maglia, ma realizzato a “trompe-l’oeil”. Seguirono altri pullover lavorati a mano e con elementi decorativi molto estrosi per l’epoca, come tatuaggi o maglie “a scheletro” come fossero ai raggi X, che andarono a ruba.
Da lì i numerosissimi apprezzamenti, che la incoraggiarono a lanciare la sua prima linea: “Schiaparelli pour le sport” e a riorganizzarsi trasferendosi sempre Parigi in rue de la Paix.
Il successo definitivo le arrivò negli anni Trenta. Ormai soprannominata “Schiap”, dopo un investimento di 100 mila franchi aprì la nuova maison al n. 21 di Place Vêndome. Era un’infaticabile sperimentatrice dall’immaginazione scatenata, supportata dalla passione per gli artisti delle Avanguardie, in particolar modo il Dadaismo, il Surrealismo e il Cubismo. Dalle maglie era intanto passata a capi più impegnativi: ribaltando completamente le idee consolidate sul vestire inventò impermeabili da sera, abiti di ispirazione africana e cubista, oppure stampati con ritagli di giornale, vestiti eleganti con surrealistiche aragoste giganti, o ricamati con soli enormi o aforismi di Jean Cocteau.
Amica di Salvator Dalì, creava modelli esclusivi pensando ad una donna moderna, estrosa, coraggiosa, che non si vergognava a portare abiti vistosi e bizzarri, strani guanti con le unghie applicate sopra, cappelli a forma di scarpa rovesciata, di gallina, di coscia di montone, borse fatte come telefoni, oppure mantelli color rosa shocking, la sua tinta preferita. Le si deve il merito della divulgazione della cerniera lampo, assai più pratica delle sfilze di bottoncini allora comunemente usati per chiudere gli abiti femminili.
Si cimentava anche nell’applicazione di tessuti insoliti per l’abito da donna dell’epoca: il tweed, il groffato “scorza d’albero”, le fibre artificiali applicate all’abito da sera, il rodophane, una specie di plastica trasparente con cui progettò una celeberrima mantella. Oltre agli accessori non trascurava i bijou, sempre originali come la collana con grani a forma di pastiglie d’aspirina o quella con falsi insetti, mentre i bottoni–gioiello diventarono quasi un marchio distintivo della casa.Era attirata dalla sensualità della figura femminile e inseriva nei suoi vestiti grandi bocche rosse; Dalì inventò per lei un divano simile a labbra rosa shocking, posizionato proprio nel suo atelier.
Elsa Schiaparelli fu considerata l'antagonista principale di Coco Chanel, che peraltro la chiamava con ironia: “l’artista italiana che fa vestiti” (solamente!) mentre l’altra ricambiava definendo Coco “una noiosa borghesuccia”. Opposti gli stili e le origini: rigoroso e semplice quello di Chanel, che proveniva da una famiglia povera; ricco e fantasioso quello dell’aristocratica Schiaparelli. Dopo lunghe e minuziose ricerche e sperimentazioni, disegnava personalmente i modelli in album di schizzi eleganti. Sia che le creazioni esclusive fossero abiti unici, sia che fossero rivolte a un pubblico più vasto, Elsa metteva nelle sue opere la stessa, identica concentrazione. Tramite il suo atelier di profumeria, nel 1934 lanciò tre profumi: “Salut”, “Souci” e “Schiap”. Nel 1938 inventò il più famoso: l’eau de toilette “Shocking” con la boccetta rosa ideata dalla scultrice Leonor Fini e ispirata alla prosperosa figura di Mae West. Nel 1933 introdusse le spalle imbottite che sarebbero state copiate fino alla fine della seconda guerra mondiale.
La “Venere” di Salvador Dalì le ispirò un tailleur dove le tasche erano minuscole cassettine. Poteva ormai vantare una clientela importante e internazione, tra cui spiccavano Greta Garbo, Katharine Hepburn, la duchessa di Windors…
Fra tutti i sarti ebbe per prima l’intuizione di dare un nome alle sue collezioni, e così, grazie alla sua geniale fantasia uscirono: “ Fermati, Guarda e ascolta”, “Farfalle”, “Neoclassica”, “Strumenti musicali,” “Astrologia”, “Fondo del mare”, “Pagana” e così via. La sua più famosa, “Circus”, aveva motivi di giocolieri, coni gelato, elefanti e trapezisti per sottolineare l'estrosità e il dinamismo circense. Aveva idee ben chiare su come le donne dovessero vestire, e le riassunse nei celebri “12 comandamenti” in cui incitava le donne a superare i complessi di inferiorità, a chiedere consiglio sui vestiti e sui colori a persone competenti, a ridurre gli acquisti di abiti all’essenziale badando alla qualità, a farsi aiutare eventualmente nella scelta solo da un uomo e mai da un’altra del suo sesso. Concludendo con il dodicesimo che era un inno all'indipendenza finanziaria femminile: "E dovrebbe essere lei a pagare il conto!"
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale si trasferì a New York. Prima di partire tuttavia realizzò l’ultima collezione europea, “Cash and Carry”, riempiendo gli abiti di tasche e zip che dovevano servire alle donne in fuga dal conflitto per riempire di tutto il necessario.Nel ’54, dopo la parentesi forzata della Guerra, Schiaparelli dovette chiudere per sempre la propria “maison” per bancarotta causata dai troppi debiti accumulati durante la ricostruzione. Mentre Coco Chanel caparbiamente risaliva la scala del successo, lei si limitò a scrivere la sua autobiografia “Shoking Life” il cui titolo rimanda alla sua vita sopra le righe e al suo colore preferito. Morì a Parigi nel 1973.La moda le deve molto e parecchi couturier importanti come Yves Saint Laurent o Giorgio Armani l’hanno frequentemente citata nelle loro collezioni. Inoltre insieme alla sua rivale di sempre, Schiaparelli fu una delle prime a capire che in futuro la formula vincente per la moda sarebbe stato l’abito pronto, grazie all’impiego di taglie “standard” e di una lavorazione in serie.
Bibliografia essenziale: Francois Baudot,“Elsa Schiaparelli”, Firenze, Ed. Octavo, 1998; Guido Vergani, “Dizionario della moda”, Ed, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2010; Richard Martin, “Fashion and surrealism”, New York, Ed. The fashion institute of technology, 1987; Yvonne Deslandrex, Florence Müller, “Histoire de la mode au XX siecle”, Parigi, Ed. Somogy, 1986.
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