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Memmo di Filippuccio, il bagno degli amanti |
I
nostri antenati vissuti prima di Cristo avevano un debole per
l'acqua, e bagni pubblici e privati erano ampiamente diffusi
nell'area del Mediterraneo: dall'isola di Creta, i cui palazzi
possedevano sofisticatissimi sistemi idraulici, alla Grecia, e
naturalmente agli antichi romani per cui la pulizia era una virtù
sociale. Nel periodo di massimo splendore dell'impero dodici
acquedotti portavano in città 1350 litri al giorno di acqua pro
capite, molto più di quella attuale, distribuita fra edifici
termali, fontane, cisterne, bagni privati e latrine pubbliche; le
terme decaddero solo con le invasioni barbariche quando i Goti –
che si bagnavano al massimo nei fiumi - scollegarono gli acquedotti e
decretarono la chiusura definitiva degli stabilimenti.
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San Simeone stilita |
Il
Cristianesimo promosse la santità della sporcizia: se da un lato il
corpo era il tempio di Dio, dall'altro era guardato con sospetto
perché fonte di tentazioni erotiche; San Girolamo ad esempio
riteneva che gli inevitabili toccamenti del bagno potessero accendere
il desiderio sessuale e finì per proibirlo alle vergini. Dal IV al V
secolo, il corpo non lavato diventò un segno distintivo di
perfezione spirituale: Sant’Agnese – martirizzata sotto
Diocleziano - dopo il battesimo non volle toccare più acqua, mentre
l'anacoreta siriano San Simeone resistette per 37 anni in cima a un
pilastro senza né scendere né pulirsi. L'odor di santità che noi
colleghiamo con meravigliosi effluvi floreali, all'epoca era il
terribile fetore di un uomo che in tutta la vita non aveva mai pulito
né sé stesso né la propria veste. I meno rigorosi però –
ricordando che Cristo aveva lavato i piedi agli Apostoli –
arrivarono ad ammettere che era impossibile imporre a tutti queste
scelte radicali e che per un cristiano l'igiene poteva anche essere
un conforto e una fonte di salute. Tra questi c'era San Gregorio
Magno che nel VI secolo manifestò una certa tolleranza verso le
norme sanitarie, proibendo qualsiasi abluzione dettata da “lussuria
e voluttà”ma permettendole solo in caso di bisogno “poiché
nessuno odia la carne ma la nutre e la cura”. L'incerto placet
della Chiesa cattolica fece sì che l'angolo più pulito dell'Europa
medievale fosse la Spagna occupata dagli Arabi che consideravano
l'igiene personale un requisito fondamentale: a loro si deve
l'invenzione degli hammam, bagni pubblici molto più piccoli delle
terme romane ma muniti di vasche e locali per sudare.
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Bagno arabo a Girona, in Spagna |
Nel
resto dell'Occidente la pulizia stentava ad affermarsi: ci si lavava
soprattutto le mani a tavola, cosa raccomandata dai manuali di buone
maniere, per l'ovvio motivo che non essendo diffuse ancora le
forchette, si acciuffava il cibo con le dita e si riteneva cafone
pulirsi l'unto con le maniche o con la tovaglia. A reintrodurre il
bagno pensarono i Crociati al ritorno dalla Terra Santa, che
portarono anche con sé usanze arabe come i saponi profumati ottenuti
con soli grassi vegetali come l’olio d’oliva e d’alloro. Dopo
il XII secolo I bagni medievali – detti stufe - sorsero spesso
vicino a sorgenti termali calde, ma anche nelle città non mancarono
locali che contenevano parecchie tinozze dove potevano sedersi anche
sei persone per volta; se non si reputava disdicevole farsi il bagno
nell'acqua dove era passato uno sconosciuto, per quanto riguarda gli
amanti poteva addirittura capitare che il cavaliere bevesse il
liquido dove si era lavata la sua dama, considerandolo un sublime
privilegio.
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Una stufa medievale |
L'accesso alle stufe era consentito a tutti, in
un'allegra mescolanza di sesso e di età. Il problema sorse quando i
bagni pubblici cominciarono ad essere frequentati da prostitute, e
luoghi che un tempo erano dedicati all'igiene si trasformarono in
schiamazzanti bordelli provocando le proteste dei cittadini. La
promiscuità causò inevitabilmente la diffusione di varie patologie
e finì così che tra il XIV e il XV secolo le autorità (benedette
dal clero che sentiva in quei luoghi puzza di zolfo) iniziarono a
imporre la chiusura degli stabilimenti.
Ciononostante
le malattie continuarono a propagarsi, in parte a causa della
sporcizia delle città dove non esistevano scarichi fognari e gli
animali defecavano in libertà nelle strade, in parte a causa di
guerre e viaggi in cui mezzi di trasporto angusti (come ad esempio le
navi) impedivano agli occupanti di lavarsi e li costringevano a
convivere con ratti e parassiti.
Le epidemie falcidiarono a più
riprese la popolazione nel corso del XIV secolo, in particolare
quella di peste nera che uccise nell'arco di quattro anni tra i venti
e i venticinque milioni di persone, un terzo della popolazione
europea. La facoltà di medicina dell'Università di Parigi cercò di
indagare sulle cause del morbo: dopo aver individuato la funesta
congiunzione di Saturno, Giove Marte, i professori giunsero alla
conclusione che la causa di tutto erano i bagni caldi che aprendo i
pori lasciavano penetrare nel corpo il “vapore pestifero”, una
sorta di invisibile miasmo che secondo le credenze del tempo
circolava nell'aria. Il colpo di grazia fu dato dalla comparsa della
sifilide alla fine del XV secolo istigando l'idea che l'acqua
“nuocesse alla vista, generasse mal di denti e catarro” e
rendesse la pelle più sensibile agli elementi e al clima. Se questa
bizzarra teoria fu il il requiem delle terme pubbliche, le stanze da
bagno diventarono una soluzione raffinata e confortevole solo per
alcuni ricchi stravaganti e privilegiati come papa Clemente VII de'
Medici, che volle uno stanzino da bagno con vasca munita di acqua
calda e fredda in Castel Sant'Angelo. Leonardo da Vinci –
precursore in tutto, anche nell'igiene – progettò invece una città
ideale con la rete fognaria sotterranea collegata a corsi d'acqua.
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La stufetta di Clemente VII |
Alla
fine del Cinquecento la Spagna si allineò con la sporcizia del resto
d'Europa; Isabella di Castiglia cacciò i mori, mentre quelli rimasti
furono costretti a convertirsi al cristianesimo. La loro buona fede
doveva essere provata anche dall'abbandono di ogni pratica igienica,
pena l'essere spediti davanti all'Inquisizione. La regina, che fece
voto di usare la stessa camicia fino alla fine della guerra nei Paesi
Bassi (durata altri tre anni) diventò un'eroina nazionale dando
anche il suo nome (color Isabella) all'inevitabile nuance marrone
della sua biancheria. Anche nel resto d'Europa il
corpo incrostato di sudiciume fu un obiettivo da perseguire. Lavarsi
significava semplicemente farsi versare liquido sulle mani, le stesse
con con cui si mangiava e ci si soffiava il naso, anche perché la
forchetta continuava a non essere d'uso comune. Il must era la
pulizia a secco: testa e capelli erano frizionati solo con crusca e
cipria per assorbire il grasso, mentre il viso era strofinato con un
panno asciutto. Il resto del corpo era ignorato anche perché
nascosto dai vestiti, mentre solo le prostitute si lavavano le parti
intime. I denti subivano lo stesso destino, le carie erano
frequentissime, l'alito pestilenziale, e se il male era insostenibile
si pregava Sant'Apollonia o si finiva per ricorrere al cavadenti,
professione esercitata anche dai barbieri e soprattutto senza
anestesia.
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George de La Tour, donna che si spulcia |
Il
fetore insopportabile era nascosto da un mix di profumi molto pesanti
come ambra, muschio, zibetto e intense misture aromatiche, mentre
l'acqua – come nella Versailles di Luigi XIV – aveva l'unico
scopo di decorare con imponenti getti i giardini reali. Il
trionfo della sozzeria fece sì che una popolazione galoppante di
pidocchi e parassiti prendesse possesso del corpo umano. Essendo
impossibili da eliminare senza adeguate cure si ricorreva allo
spidocchiamento vicendevole come gesto di amicizia e amore, ed
esistevano donne che lo facevano per professione. Malattie della
pelle come la scabbia o le infezioni fungine erano molto comuni e non
si trovava miglior rimedio che tentare di sopprimerle modificando
l'equilibrio degli umori - che fin dai tempi di Ippocrate si pensava
presiedessero alla salute - ad esempio consigliando di astenersi da
alcuni cibi e bevande come la carne rossa. L'ignoranza totale di
qualsiasi norma igienica portò addirittura a credere che i parassiti
nascessero dalla decomposizione delle secrezioni corporee che
potevano essere assorbite solo dal tessuto di lino della camicia, che
era lunga, larga e arricciata. Il cambio di biancheria si intensificò
nel XVII secolo
quando si arrivò a una frequenza settimanale, raramente giornaliera,
con ovvio riferimento alle classi alte.
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Bagno di Maria Carolina alla Reggia di Caserta |
Le
cose cominciarono a modificarsi solo con l'Illuminismo settecentesco,
uno dei cui temi principali fu l'esaltazione della bontà della
natura (finalmente non corrotta da malefici “vapori”) e
l'aspirazione
a ricondurre l'uomo alle sue originarie condizioni. L'affermazione
del metodo sperimentale e lo sviluppo delle conoscenze in campo
chimico permisero le prime indagini sulla composizione delle acque
fino al riconoscimento dei benefici del bagno termale. Come
conseguenza, dopo la metà del XVIII secolo fu sviluppata più
attenzione nei riguardi della pulizia, al punto che il locale da
bagno diventò una nuova presenza nelle abitazioni signorili: le
nuove stanze erano calde, lussuose e raffinate ed erano luogo in cui
– oltre alla pulizia – ci si ristorava e si intrattenevano
conversazioni con gli amici. Senza osare troppo sembrò una cosa
ragionevole fare un bagno un paio di volte all'anno, in primavera e
in estate, non volendo imitare le stranezze di Maria Antonietta di
Francia che entrava nella vasca tutti i giorni. Ma la più
strabiliante invenzione del secolo fu il bidè, comparso attorno al
1720 come oggetto di lusso.
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Louis Leopold Boilly, La toeletta intima |
Non sappiamo chi ebbe l'idea ma la
società elegante impazzì per questo pregevole mobile portatile in
legno pregiato con vaschetta in ceramica o stagno. Alcuni bidè sono
entrati nella storia, come quello della Pompadour che aveva flaconi
di cristallo incorporati o quello in argento che Casanova regalò a
una giovane amante. Assieme al bagno caldo nacque la passione per
quello freddo dapprima nei fiumi e poi nel mare, anche questo
supportato dalla curiosa convinzione – tipica delle classi borghesi
in vista della Rivoluzione francese - che il calore fosse sinonimo
del rilassamento dei costumi aristocratici. Intanto la ventata
illuminista stava aprendo le menti all'igiene sociale e del lavoro:
ricerche demografiche mostrarono lo stato miserevole in cui si
trovava la classe popolare, si crearono servizi di polizia sanitaria
e legislazioni più attente alla salute collettiva. Alla fine del secolo era ormai in atto lo sviluppo verso il miglioramento fisico dell’uomo e quello ambientale delle città e delle abitazioni, che avrebbe visto un notevolissimo incremento nell’Ottocento.
Fonti:
Lawrence Wright, Civiltà in bagno, Garzanti; Alain Corbin, Storia sociale degli odori, Bruno Mondadori; Georges Vigarello, Lo sporco e il pulito. L’igiene del corpo dal Medio Evo ad oggi, Marsilio; Katherine Ashenburg, Storia della pulizia e della sporcizia del corpo, Odoya