Madeleine Vionnet, una delle sarte più innovative della moda francese del secolo scorso, era nata nel 1876 nel Giura. Il padre era un modesto doganiere e la bambina dovette abbandonare la scuola a soli 10 anni per cercare di imparare un mestiere presso una sartoria a Parigi. Sempre in cerca di fortuna, si trasferì in seguito a Londra, dove si adattò a fare la guardarobiera presso un asilo per malati di mente, per poi trovare lavoro nell’atelier di Kate O’ Reilly, una sarta specializzata in modelli di taglio rigorosamente inglese.
Agli inizi del ‘900 tornò a Parigi, città al centro della moda femminile europea: fra molte Maison di fama, fu assunta presso quella delle sorelle Callot diventando assistente della più anziana, madame Marie, che aveva bisogno di una modellista per realizzare gli abiti progettati sul manichino. Gli anni in Inghilterra e in Francia furono fondamentali per la formazione di Madeleine, che avrebbe in seguito fondato il suo successo sulla costruzione sartoriale rigorosa dei suoi capi.
Nel 1907 lasciò le sorelle Callot per la maison Doucet, che era stato colpito dal suo talento e le aveva chiesto di ringiovanire la sua produzione, in particolar modo abolendo il corsetto; erano gli anni in cui il couturier Paul Poiret scandalizzava mezza Europa per i suoi abiti sciolti in stile impero e Madeleine, sempre attenta alle innovazioni, pensò di seguirne l’esempio.
Aveva ormai acquisito una solida esperienza e decise così di impiantare nel 1912 una sua Maison, che però dovette chiudere allo scoppio della prima Guerra mondiale. Durante il conflitto soggiornò a lungo a Roma da cui tornò nel 1918 con nuove idee che le derivavano probabilmente dallo studio delle statue greco-romane: desiderava abbandonare il prototipo della voluttuosa odalisca o della donna languida e carnosa che avevano furoreggiato nella Belle Epoque. Predicava “la necessità di altrettante mode diverse per quante donne esistono” e si definiva “il medico della linea”, ma cercava soprattutto un equilibrio ben calibrato tra il corpo e l’abito, affermando contemporaneamente il principio della semplicità. Dopo averli provati meticolosamente su un manichino, mise assieme modelli composti di pezze di tessuto, triangolari, quadrate o circolari, tagliate in diagonale e sospesi alle spalle in modo da ricadere lungo il corpo: in tal modo reinventò lo “sbieco”, ossia il tessuto posto a 45° rispetto alla trama e all’ordito. L’abito così ottenuto risultava composto da pannelli drappeggiati, piegati, pieghettati, annodati, che creavano effetti di lucentezza ed aderivano al corpo per l’ elasticità e il peso della stoffa, solitamente raso, crêpe, crêpe de chine, georgette. Né disdegnava di utilizzare fibre sintetiche di recente invenzione mescolate alla seta. Lavorando in sinergia con le aziende tessili, Madeleine Vionnet di fece realizzare stoffe con altezze maggiori che meglio si adattavano allo sbieco o che riprendevano tecniche antiche cadute in disuso come quella del broccato “a tonneaux”. Il ricamo, tanto di moda a quell’epoca, venne usato come un elemento connesso all’abito e non come una decorazione. In particolare il motivo detto “dei cavalli” o “vaso greco” di ispirava alla ceramica attica. Determinati elementi, come la rosa in tessuto attorcigliato su se stesso o il nodo furono utilizzati per sottolineare una curva o una scollatura. Le frange, di gran moda negli anni Venti e Trenta, erano cucite in modo da lasciare fluidità al tessuto, formando volute, spine di pesce, zampilli.
Nella sua apparente semplicità l’abito era in realtà estremamente complesso ed elaborato: i tessuti realizzati appositamente per lei raggiungevano altezze oggi non riproducibili dalla moderna industria. Madeleine stessa ne era consapevole e non di rado doveva recarsi a casa della cliente per aiutarla a vestirsi. La geometria dei vestiti di Vionnet costituì quindi un’innovazione assoluta, rivoluzionò la tecnica sartoriale e conquistò, specie dagli anni ’30, sia il mercato francese sia quello americano: è indubbio che le molli e sensuali vesti a “coda di sirena” che stampavano seno e fianchi influenzarono il costume delle dive americane. Negli anni successivi, sull’onda del successo, i suoi abiti diventarono più sensibili al gusto hollywoodiano: dalla vita spesso alta partivano larghe gonne in tessuti lucidi; il velluto era rasato in alcuni punti per creare particolari elementi di luce e per scolpire le vesti attorno alla persona. Dal 1935, inaugurando uno stile più romantico, utilizzò il merletto per arricchire i modelli delle cappe, delle giacchine e delle maniche. Infaticabile sperimentatrice Vionnet adottò inoltre la pieghettatura a raggiera su taglio circolare.
All’inizio degli anni ’30 Madeleine Vionnet aveva già aperto 20 atelier su 5 piani, gestiti da più di 2000 première, con centinaia di impiegati: innovatrice anche per quanto riguarda i suoi dipendenti, introdusse migliori rapporti contrattuali, migliori condizioni di lavoro, mense, nursery, piccoli ambulatori medici attrezzati. Una cassa di soccorso per malattie garantiva gli operai che avevano le ferie pagate, mentre per le donne erano previsti congedi di maternità. Per difendere giuridicamente la sua produzione inoltre, depositò il copyright dei suoi lavori in 72 album da cui tuttora si può evincere il suo credo: “Esaltare la donna e in ciascuno dei suoi abiti comporre una sorta di poema in sé compiuto”.
All’inizio degli anni ’30 Madeleine Vionnet aveva già aperto 20 atelier su 5 piani, gestiti da più di 2000 première, con centinaia di impiegati: innovatrice anche per quanto riguarda i suoi dipendenti, introdusse migliori rapporti contrattuali, migliori condizioni di lavoro, mense, nursery, piccoli ambulatori medici attrezzati. Una cassa di soccorso per malattie garantiva gli operai che avevano le ferie pagate, mentre per le donne erano previsti congedi di maternità. Per difendere giuridicamente la sua produzione inoltre, depositò il copyright dei suoi lavori in 72 album da cui tuttora si può evincere il suo credo: “Esaltare la donna e in ciascuno dei suoi abiti comporre una sorta di poema in sé compiuto”.
Questa grande sarta dovette chiudere definitivamente allo scoppio della seconda Guerra mondiale: aveva solo 63 anni e glie ne sarebbero rimasti altri 36 prima di morire, ormai povera, alle soglie del centenario.
L’originalità dei tagli e della confezione unita alla particolare dimensione dei tessuti, impedì che per molto tempo il marchio Vionnet, che peraltro era stato venduto alla famiglia Watelin de Lummen, potesse essere rilanciato adattandolo alle esigenze del mercato moderno. Dal 1988 la casa si specializzò in accessori e beni di lusso. Dopo il 2007, passati 67 anni dalla morte della couturier, gli stilisti Sophia Kokosalaki e Marc Aidibet, riproposero una nuova collezione col suo nome. Nel 2009 il marchio venne acquistato da Matteo Marzotto che mise a capo del team creativo Rodolfo Paglialunga. Nel 2008 il museo delle arti decorative di Parigi propose la prima grande retrospettiva intitolata “Madeleine Vionnet, purista della moda”.
Bibliografia:
Bibliografia:
Guido Vergani, Dizionario della moda, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2010
Lydia Kamitsis, Vionnet, Octavio, Franco Cantini ed. Firenze, 1997http://mrsartoria.blogspot.it/2011/07/madelaine-vionnet.html
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