Paul Poiret (1879 - 1944) è entrato di prepotenza nella storia della moda per aver completamente rivoluzionato l’abbigliamento femminile negli anni della Bella Epoque. Figlio di un commerciante di tessuti, cominciò precocemente a collaborare a Parigi con le maison Cheruit e Doucet, dove si fece conoscere per i suoi completi giacca e gonna, per i suoi originali mantelli, e per i suoi costumi teatrali come quelli dell’Aiglon per Sarah Bernhardt. Passò poi nell’atelier di Worth, il più importante sarto parigino, che produceva pesanti abiti di gran lusso per le aristocratiche di tutta Europa ma che sentiva la necessità di capi semplici per le incombenze della giornata. Con quest’ultimo si trovò tuttavia in disaccordo per l’eccessiva modernità dei sui disegni.
Nel 1903 fondò la sua casa di moda in rue Auber. Era ancora l’epoca del busto che nel frattempo furoreggiava nel modello “Gache Serraute” che ripartiva il corpo in due blocchi distinti, il petto e i seni e la parte posteriore. In nome della libertà e ispirandosi allo stile Impero, Poiret lo abolì dalle sue creazioni raccomandando l’uso di una corta sottoveste, mutande e reggiseno. Cercava la massima semplificazione: vita alta, gonne lisce e senza eccessive decorazioni, cappellini a turbante invece dei monumentali cappelli in uso all’inizio del Novecento, ma la gonna era stretta in fondo e creava non pochi problemi per salire gradini o montare sulle carrozze. L’audacia del sarto parigino suscitò scalpore e molte preoccupazioni: la sua decisione di abolire busto e sottogonne gli valse la protesta dei produttori di seta e di corsetti che profetizzarono che avrebbe mandato sul lastrico intere categorie di lavoratori.


Nel frattempo aveva deciso di lasciare il suo atelier per stabilirsi in Faubourg St. Honoré, dove restaurò una vecchia e grande casa facendone la sua nuova Maison: ormai tutta Parigi passava da Poiret e lui era all’apice della fama. Per farsi conoscere fuori dalla Francia mise in piedi un gigantesco tour in cui nove indossatrici presentavano i suoi modelli. Interessato alle arti decorative, studiò a fondo la Secessione Viennese, poi decise di aprire a Parigi una scuola d’arte che prese il nome da una delle sue figlie, “Martine”: fuori da ogni convenzione reclutò bambine di 11 anni che lasciò libere di esprimersi senza l’aiuto di alcun professore. Ispirandosi alle piante dell’orto botanico, le ragazze inventarono campi di grano maturo, cesti di begonie, aiuole di ortensie, foreste vergini che ricordavano quelle di Rousseau il Doganiere. Sulla base dei pattern venivano poi realizzati tessuti per l’arredamento e tappeti.
In seguito il laboratorio si avvalse anche della collaborazione di Raoul Dufy.
In quegli anni a Parigi furoreggiavano i “Balletti Russi” fondati dall'impresario Sergej Djagilev: ricchissimi nella scenografia e nei costumi di Leon Bakst, i balletti imposero uno stile orientaleggiante che contagiò Poiret stesso e molti altri couturier, sebbene lui, nella sua autobiografia, rifiuti decisamente di esserne stato influenzato, affermando che il gusto per l’Oriente gli era venuto dalla sua creatività e suoi viaggi, in primis dalla visita del museo londinese di Kensigton. Estremamente prodigo, nel maggio del 1911 decise di dare una festa grandiosa, intitolata “La milleduesima notte”: tra tendaggi, zampilli, animali esotici e fuochi artificiali, passavano gli invitati vestiti come sultani e odalische; Poiret stesso era addobbato come un pascià, mentre la moglie indossava calzoni alla turca e una specie di tunichetta a paralume con un turbante che culminava in un lunga aigrette.

La produzione della sua maison ben presto si allargò all’ambito della profumeria. Dal 1911 lanciò il “Parfums de Rosine” dandogli il nome di sua figlia; in seguito ne inventò e altri, come Le Minaret o Nuit de Chine, che aveva la forma di un emanatore da oppio. Le confezioni erano raffinate e costose e le bottiglie disegnate dal grande Lalique.
Durante la prima guerra mondiale Poiret dovette interrompere la sua attività per disegnare uniformi per i combattenti. Tornato a casa trovò la sua Maison sull’orlo della bancarotta e soprattutto assediata dalla concorrenza: nuove figure come Coco Chanel stavano imponendosi con un gusto più moderno che si indirizzava a un tipo di donna lavoratrice ed attiva, mentre lui elaborava ancora abiti troppo lussuosi e ormai superati.

Bibliografia:
Paul Poiret, Vestendo la Belle’Epoque, Excelsior, Milano, 2009
Palmer White, Poiret, Studio Vista, London, 1973
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