Nel 324 dopo Cristo l’imperatore romano Costantino decise di fondare una “Nova Roma” – ora Istanbul - sul sito dell’antica città di Bisanzio, in posizione strategica sullo stretto dei Dardanelli. Con questo gesto rivoluzionario, Costantino sanciva di fatto la separazione tra Impero romano d’Occidente e Impero romano d’Oriente, che sarebbe stata definitivamente ratificata dopo la morte di Teodosio I, nel 395. Costantino – per ragioni politiche molto più che morali – aveva stabilito che i cristiani godessero di libertà di culto. Con l’editto di Milano del 313, aveva definitivamente posto fine alle persecuzioni religiose e permesso la costruzione di luoghi pubblici dove celebrare le cerimonie; le prime, ampie basiliche, si ornarono con mosaici che rappresentavano scene della vita di Cristo, dando di fatto il via all’arte religiosa dell’Occidente e del medio Oriente.Costantino fu anche fautore e responsabile del Concilio ecumenico di Nicea, in cui si combatteva pubblicamente l’eresia, si proclamava il Credo e si affermava definitivamente il primato del Cristianesimo sulle religioni politeiste; in seguito, con l’editto di Tessalonica del 380, Teodosio il grande stabilì che il paganesimo era fuori legge e perseguitabile. Questi eventi storici furono determinanti per l’affermazione del nuovo costume dell’Alto Medioevo.
Verso la fine dell’Impero romano, gli abiti maschili e femminili erano andati incontro a una trasformazione radicale; le conquiste e la conoscenza di usanze totalmente diverse da quelle latine, avevano portato a una ridefinizione del costume. Erano state introdotte le maniche, di origine orientale, e le brache, tipiche dell’Europa del nord, mentre si andava verso una decadenza definitiva della toga, il principale indumento maschile romano, sostituita da mantelli assai più comodi come il Pallium e la Clamide. Anche la donna, uniformandosi ai nuovi canoni estetici, appariva slanciata e sottile, con vesti accollate che coprivano il busto e un mantello leggero che ne proteggeva la pudicizia. Non estranei a questo fenomeno erano i discorsi dei primi apologeti e dei padri della chiesa. Tertulliano in particolare, nel “De cultu foeminarum”, apriva una diatriba sulla vanità femminile, nella convinzione che “la donna è la porta del Diavolo”. San Girolamo ricorda i capelli posticci della vergine Demetriade, mentre Sant’Ambrogio si scagliava contro le pietre preziose che orlavano le vesti , affermando che “sarebbe meglio levigare la durezza del cuore”. Né erano risparmiati gli uomini: a questo proposito una curiosa diatriba su barba e capelli vedeva schierati due partiti opposti. Il primo, rifacendosi alla Bibbia, affermava che non bisognava distruggere i peli che Dio aveva creato; il secondo invitava a radersi per penitenza. Un esempio di abbigliamento del periodo è il famoso “Dittico di Stilicone” in cui il console e generale compare con la moglie Serena in atteggiamento rigido e frontale, indossando gli abiti di moda all’epoca.
La caduta dell’Impero romano nel 476 dopo Cristo, sancì definitivamente l’ascesa dell’Impero d’oriente. Nel 527 tuttavia, l’imperatore Giustiniano I cercò concretamente di riconquistare le regioni occidentali. Ne conseguì la creazione dell’Esarcato d’Italia, che aveva sede a Ravenna e che fu in seguito travolto dalle invasioni longobarde, lasciando alcune colonie in Emilia Romagna, Marche, Lazio, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.



A fronte di Giustiniano è raffigurata la moglie Teodora, donna di origini modestissime ma dal carattere di ferro, che dal mondo del circo era riuscita a salire alla dignità imperiale e si era circondata di un’aureola soprannaturale. Divinizzata, assorta nella sua rigida posizione frontale, Teodora reca in mano una coppa che sta per offrire alla Chiesa, simboleggiata da una fontana d’acqua zampillante.

Un ulteriore esempio del costume bizantino – peraltro molto avaro di descrizioni storiche e letterarie – si può osservare nella basilica di Sant’Apollinare nuovo, sempre a Ravenna. Nella navata centrale, due teorie di Vergini e di Martiri si dirigono verso l’altare recando le loro corone sulle mani velate. Le donne indossano una tunica con la cintura sotto al seno, ripresa da un lato in modo da evidenziare l’orlo apparentemente tagliato obliquo. Gli uomini invece hanno tunica e il Pallium di colore bianco, ornato con una lettera dell’alfabeto greco; questo costume semplice, col mantello che scopre una spalla, si può vedere anche nei mosaici di Galla Placidia.
Alla fine della processione delle vergini, i re Magi offrono doni alla Madonna in trono; il loro costume, formato da brache, tunichetta e mantello, è corredato da scarpe a punta arricciata e berretto frigio. Definito costume palmireno, ossia proveniente dalla città romana di Palmira in Siria, l’abito è un tipico esempio dell’influenza mediorientale in occidente; il berretto frigio, rosso e con la punta rivoltata, diventerà famoso in Europa durante la Rivoluzione francese come simbolo di libertà. La sua forma particolare nasce da una pelle di capretto aperta; migrato nel costume ellenistico, divenne poi uno degli attributi tipici del dio Mitra, il cui culto si estese all’antica Roma. In seguito fu donato dai padroni agli schiavi liberati. Da qui diventò simbolo di indipendenza.
Bibliografia:
Rosita Levi Pisetzky, Storia del costume in Italia, Istituto editoriale italiano, Milano, 1964